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1962

comincia
la nostra storia

Tarcisio Ambrosioni è il caparbio forgiatore e costruttore di forbici che nel 1962, a causa di malattia, deve lasciare la sua amata Premana in cerca di soluzioni...

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I FOGARIZZU

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Boiteddu, Tore e Gianmario Fogarizzu riassumono così la loro storia: 

"Fogarizzu, ieri e…oggi

Pattada, è nel lontano 1885, che"Barore Fogarizzu mannu", dopo un breve periodo di apprendistato, all'età di 20 anni, decide di mettersi in proprio aprendo il suo "fraile". Il fabbro era organico all'economia agro-pastorale di allora, aratri, falci per la mietitura, forbici per la tosatura delle pecore, la ferratura dei cavalli e dei buoi, e il coltello che allora non era altro che il prolungamento della mano del pastore Sardo.
La storia continua con il secondogenito dei quattro figli di "Barore Fogarizzu mannu", anch'egli di nome "Barore" (Salvatore), che nel 1927 apre il suo "fraile", dove tutt'oggi si svolge il nostro lavoro. In questo "fraile", "Barore Fogarizzu" lavora assieme al fratello Giovanni; a quei tempi oltre ai coltelli, si provvedeva a tutte le necessità locali in fatto di lavorazione del ferro e dell'acciaio, con il perfezionamento di vecchie tecniche lavorative, e anche a lavori di precisione sulle armi da fuoco e quanto altro una economia povera, successivamente coinvolta in un conflitto mondiale , poteva richiedere.
A metà degli anni 50, "Boiteddu"(diminutivo di Mario Salvatore) unico figlio di "Barore" inizia a lavorare nel "fraile" paterno. La lunga è profonda conoscenza, retaggio della tradizione famigliare, dei vari tipi di lavorazione, permise poi a "Boiteddu" di dedicarsi in maniera sempre più specifica ai coltelli. E' il desiderio di ulteriori specializzazioni e di ricerche mirate al miglioramento delle sue realizzazioni , sia per quanto riguarda la scelta dei materiali che le tecniche di lavorazione, che lo porta nei primi anni 70 a cercare il confronto con altre realtà, esigenza dettata dalla volontà di superare l'immobilismo atavico dei fabbri Sardi e il rischio della fossilizzazione della produzione e delle tecniche. Non è un rifiuto della propria storia e tradizione ma un bisogno di contatto e confronto, l'esigenza della valorizzazione del "locale" attraverso il rapporto con il "globale". Sono passati cento anni e siamo arrivati al 1985, l'anno in cui siamo entrati a far parte di questa storia, la nuova generazione rappresentata da, quasi a sottolineare il rapporto e la fedeltà con la tradizione, Salvatore "Tore" e Gian Mario, figli di "Boiteddu".
La "new entry" coincide con lo sviluppo delle prime lame in Damasco, nuova lavorazione come conseguenza immediata del confronto col "globale". Oggi, con il prezioso contributo di nostro padre, costruiamo coltelli seguendo la tradizione, con modelli originali che variano dalla classica "Resolza" ai tradizionali "Foggia Antica" e "Logudoro" ai coltelli "Italiani", e infine i "nuovi" disegni, tutti in serie numerata o pezzi unici, realizzati con i migliori materiali reperibili sul mercato, finché ci consentano di esprimere la nostra creatività e l'esigenza di chi li commissiona. I nostri coltelli sono fatti con quell'umiltà di chi confronta la propria opera con un ideale di irraggiungibile perfezione al quale ci si può avvicinare solo con fatica e perseveranza, ma non ci fermeremo certo qui………"